PER RIFLETTERE SUL VANGELO
Gv 1,29-34
Il primo dato che emerge dal brano evangelico di questa domenica, giorno del Signore e Pasqua della settimana, è la capacità dimostrata da Giovanni Battista di vedere Gesù “che viene verso di lui”. Nel Vangelo secondo Giovanni, infatti, per ben tre volte il Messia è indicato come “colui che viene”. Dio entra nella storia degli uomini, ma è Giovanni a vederne l’incedere, quasi a dire che è necessario accorgersi di Lui, del suo venirci a cercarci lì dove viviamo per renderci figli di Dio. Il Signore non suona la tromba per farsi acclamare, né per farsi riconoscere affida ai quattro venti il suo venire. Viene e basta, abita i luoghi della nostra quotidianità e attende la nostra accoglienza, ci guarda ed effonde su di noi la sua misericordia che guarisce le ferite del cuore e ci seduce per ascoltare la sua voce ed obbedire alla sua proposta di gioia. Giovanni vede Cristo nella sua vita, lo contempla nel gesto di chi gli va incontro, Egli non attende che sia l’uomo ad orientare verso Lui la vita, ma entra nel circuito dei suoi interessi, nella attività che scandiscono il suo giorno.
Accorgersi di Cristo, vederlo vivo e vero, presente ed operante è ciò che fa Giovanni, non si lascia distrarre da nulla, non antepone le sue cose alla visita del Signore, ma lo guarda mentre il Cristo ha una direzione ben definita, lui e la sua vita. Gesù ci viene a cercare, ci ama per primo, esce dal seno del Padre e ci visita con la sua grazia. Ognuno di noi è la meta dell’incedere di Cristo, non ha altre direzioni se non il nostro bene, altre destinazioni se non la nostra vita. Gesù vuole noi, cerca noi, non le nostre attività, né quello che per il suo regno facciamo e che potremo in futuro fare. Desidera porre dentro di noi il suo trono, nel nostro cuore la sua cattedra, nelle nostre mani il suo operare la salvezza dei fratelli. È questo che dobbiamo capire una buona volta. Gesù viene verso di noi come un giorno verso Giovanni, guarda noi come quel giorno il tale che non accolse, con la parola esigente, lo sguardo d’amore del Redentore. Gesù è diretto a prendere possesso della nosta anima, ad espugnare la cittadella del nostro cuore, a porre dentro di noi il suo tabernacolo, in noi la sua abitazione, racchiudendosi nel piccolo chiostro della nostra vita Lui che l’intero universo non può contenere. Egli viene e noi non ce ne accorgiamo, Lui ci guarda fisso e noi non lo vediamo, Egli ci considera la meta del suo peregrinare e noi non lo notiamo. Se Elisabetta trasalì di gioia quando il saluto di Maria giunse ai suoi orecchi e si domandò “A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?”, anticipando lo stupore del figlio Giovanni che se lo vide dinanzi, nell’atto di voler ricevere da lui il battesimo cosa dovremmo dire noi vedendo che Gesù viene a noi sempre, “in apparenza umile”, nella Parola che ascolto, nell’Eucaristia di cui mi nutro, nel fratello che incontro, nella persona con cui Egli mi dona di condividere la vita e trasmettere ai figli la gioia dell’esistere!