PER RIFLETTERE SUL VANGELO Gv 5,1-16 “Signore, non ho nessuno che mi immerga ne…

PER RIFLETTERE SUL VANGELO
Gv 5,1-16

“Signore, non ho nessuno che mi immerga ne...


PER RIFLETTERE SUL VANGELO
Gv 5,1-16

“Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita”. Alla malattia che impedisce al corpo di muoversi si aggiunge la solitudine che rende ancora più gravosa la patologia. Le parole del paralitico purtroppo descrivono una condizione anche oggi molto presente. È triste essere o sentirsi soli, soprattutto quando la vita assume la forma di una improvvisa e ripida salita. È triste sentirsi soli quando le persone più care sono o appaiono distanti. Ancora più triste è percepire di essere diventato un peso per gli altri. La sensazione di solitudine e la mancanza di condivisione rappresentano un grave e diffuso deficit sociale. Il Vangelo annuncia che un’altra storia è possibile. Il paralitico sembra destinato a vivere nella più totale emarginazione, dimenticato da tutti. Le sue speranze vengono puntualmente tradite. Nessuno si prende di cura di lui. E invece, quando meno se l’aspetta, nella sua vita appare un Uomo che gli tende la mano e lo libera dalla sua infermità. È Gesù di Nazaret. Lui solo può guarirci e donare una vita nuova, non solo la salute del corpo ma anche la capacità di scrivere pagine nuove di comunione e condivisione. La solitudine dovrebbe essere bandita dalla società. Nessun uomo deve essere costretto a dire: “Non ho nessuno che mi aiuta!”. Dio si è fatto uomo per condividere la nostra storia, Gesù ha scelto di restare in mezzo a noi e, attraverso la Chiesa, continua ad essere la mano tesa di Dio per ogni uomo. La Chiesa è il segno visibile della provvidenza di Dio che non abbandona nessuno. La comunità di Gerusalemme aveva accolto questa sfida: “Nessuno tra loro era bisognoso”, leggiamo negli Atti degli Apostoli. Anche in quella comunità c’erano difficoltà e problemi ma nessuno doveva affrontarli da solo. La comunità s’impegnava ad accompagnare tutti e ciascuno nel cammino spesso difficile e penoso dell’esistenza. Oggi chiediamo la grazia di non fare della fede una comoda consolazione ma una fonte di speranza e un annuncio di quell’umana condivisione che troverà perfetto compimento nell’eterna beatitudine.




anche su Facebook