PER RIFLETTERE SUL VANGELO
Gv 18, 1– 19,42
“Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?”. Queste parole, che Gesù rivolge a Pietro, manifestano la coscienza che la sua missione passa attraverso la sofferenza, egli svela la gloria di Dio attraverso l’umiliazione della croce. È questa la via che Dio ha scelto per salvare il mondo, una proposta ben lontana da quella che gli uomini attendono ma, come annunciava secoli prima il profeta, “le vie di Dio sono diverse da quelle degli uomini”. Il Vangelo che la Chiesa annuncia non è modellato sulle attese degli uomini, è scandalo e stoltezza dirà Paolo. Eppure questo Vangelo risponde ai nostri desideri più profondi. E proprio la croce, che a prima vista si presenta solo come icona del dolore muto, si rivela una sorgente di luce, una parola di speranza. La passione di Gesù svela il potere devastante del peccato, la forza bruta del male che aggredisce con violenza e zittisce ogni speranza. Almeno così sembra. Ma proprio la Croce, che oggi contempliamo, svela un’altra storia, o meglio è il fondamento per costruire un’altra storia. L’amore in apparenza è vulnerabile e si lascia vincere. In realtà ha una segreta forza capace di prosciugare le radici e le ragioni dell’odio. La Passione svela il potere sanante dell’amore. Icona eloquente di questa grazia, che scaturisce dalla croce, è quel rivolo di “sangue ed acqua” che esce dal costato trafitto. Una piccola cosa che nessuno vede se non lo sguardo contemplativo del discepolo amato. È la sorgente inesauribile di quell’amore che accompagna e risana tutta la vicenda umana.
Oggi siamo chiamati a condividere il cammino di Gesù: “Chi appartiene a Cristo, scrive Edith Stein,deve vivere tutta la vita di Cristo, Deve maturare fino all’età adulta di Cristo, deve percorrere una volta o l’altra la via della croce, dopo essere passato per il Getsemani e il Golgota”. Oggi chiediamo la grazia di “tutto soffrire in silenzio per piacere a Gesù”, come diceva santa Bernadette di Lourdes.