PER RIFLETTERE SUL VANGELO Mt 23,13-22 “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti”….

PER RIFLETTERE SUL VANGELO
Mt 23,13-22

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti”....


PER RIFLETTERE SUL VANGELO
Mt 23,13-22

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti”.
Sette volte risuona questo “guai” che può essere interpretato come un rimprovero, espresso con inusitata durezza. Ma può anche contenere il dolore di Gesù dinanzi alla chiusura ermetica degli scribi e dei farisei. In questo caso potremmo tradurre con “ahimè” che usiamo per esprimere il disappunto e il dolore. Due interpretazioni che non sono contrastanti ma complementari. In primo piano però emerge la tristezza di Gesù. Impossibile sondare gli abissi di misericordia della sua anima e quel desiderio infinito di toccare il cuore dei suoi interlocutori, anche se lo considerano un nemico da eliminare, lui continua a guardarli come fratelli e cerca di scuotere le loro false sicurezze. In questa parola non c’è una condanna irrevocabile e senza appello ma un nuovo e accorato invito alla conversione, espresso con la massima severità perché il contrasto sembra entrato nella sua fase più drammatica.
La parola di Gesù può e deve essere letta anche come una denuncia severa. Colui che si presenta come “luce del mondo” non sopporta la falsità e intende smascherare anche le ombre. L’annuncio della misericordia non può lasciare spazi di ambiguità, come purtroppo oggi avviene. L’autentica carità copre tutte le debolezze ma non collabora con la menzogna e non favorisce l’ombra del dubbio né alimenta la confusione. Da questo punto di vista i sette “guai” sono una presa di posizione netta e invitano i discepoli ad evitare ogni forma di compromesso. Gesù ci insegna a non rimanere in silenzio quando la verità viene calpestata, quando i diritti di Dio e quelli dell’uomo vengono violati, quando la fede religiosa viene piegata agli interessi personali. In questi casi il silenzio diventa complicità: l’uomo di Dio deve gridare con voce forte la propria indignazione. Oggi chiediamo la grazia di non puntare il dito ma di batterci il petto, domandiamo perdono perché tante volte, troppe volte, invece di illuminare gli altri siamo stati per loro un ostacolo. Signore, pietà!




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