PER RIFLETTERE SUL VANGELO
Mt 25,14-30
“Il padrone chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni”. Nelle parole introduttive della parabola troviamo un’interessante premessa. L’aggettivo possessivo,“i suoi servi”,può essere letto nella luce della relazione di alleanza che unisce Dio al suo popolo: “egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo”. Chiamando i servi, li rende suoi collaboratori. Il verbo è lo stesso che viene utilizzato per la chiamata degli apostoli. È così che Dio agisce nella storia: chiama e chiede di collaborare con Lui per fare di questa terra arida un giardino ricco di fiori e frutti. Dio non manda senza prima aver consegnato i suoi beni, in altre parole dona tutto il necessario perché renderci capaci di vivere la nostra vocazione, mettendo a servizio di tutti ciò che abbiamo ricevuto. La parabola non riporta la disponibilità dei servi, è scontata, quasi doverosa. Noi invece dobbiamo scegliere se accogliere o meno la chiamata. Quando Dio chiama e affida un ministero, non dobbiamo farlo attendere né deludere le sue attese. Santa Teresa di Gesù Bambino scrive che per rispondere alla chiamata avrebbe attraversato le fiamme, se fosse stato necessario. Sappiamo con quanta energia lungo gli anni della sua breve esistenza. Ha risposto pienamente perché ha vissuto tutto nell’amore. Chi cammina per questa via trova energie insospettate. Quando è l’amore di Dio a dettare legge, quello che facciamo ci sembra sempre poco e, malgrado la fatica, siamo sempre pronti a ricominciare per non deludere le attese di Dio. Non cerchiamo un’impossibile perfezione ma chiediamo la grazia di camminare verso la perfezione.