Dare e avere. I conti di Dio non sono come i nostri

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica». (…)

Domenica scorsa Gesù aveva proiettato nel cielo della pianura umana un sogno: beati voi poveri, guai a voi ricchi; oggi sgrana un rosario di verbi esplosivi. Amate è il primo; e poi fate del bene, benedite, pregate. E noi pensiamo: fin qui va bene, sono cose buone, ci sta. Ma quello che mi scarnifica, i quattro chiodi della crocifissione, è l’elenco dei destinatari: amate i vostri nemici, i vostri odiatori, gli infamanti, gli sparlatori. Gli inamabili. Poi Gesù, per sgombrare il campo da ogni equivoco, mi guarda negli occhi, si rivolge a me, dice al singolare: “tu”, dopo il “voi” generico. E sono altre quattro cicatrici da togliere il fiato: porgi l’altra guancia, non rifiutare, dà, non chiedere indietro. Amore di mani, di tuniche, di pelle, di pane, di gesti. E di nuovo ti costringe a guardare, a cercare chi non vuoi: chi ti colpisce, chi ruba il tuo, il petulante furbo che chiede sempre e non dà mai. Nell’equilibrio mondano del dare e dell’avere, Gesù introduce il disequilibrio divino: date; magnificamente, dissennatamente, illogicamente date; porgete, benedite, prestate, ad amici e nemici, fate il primo passo. Come fa Dio. Questo Vangelo rischia di essere un supplizio, la nostra tortura, una coercizione a tentare cose impossibili. E così si apre la strada a quell’ipocrisia che ci demolisce. Nessuno vivrà questo Vangelo a colpi di volontà, neppure i più bravi tra noi. Ma solo attingendo alla sorgente: siamo nel cuore di Dio, questa è la vita di Dio. In cui radicarsi. Di cui essere figli. Poi Gesù indica la seconda origine di tutti questi verbi di fuoco: ciò che volete che gli uomini facciano a voi, fatelo voi a loro. Come una capriola logica, rispetto a ciò che ha appena detto, ma che è bellissima: non volare lontano, torna al cuore, al desiderio, a tutto ciò che vuoi per te: abbiamo tutti un disperato bisogno di essere abbracciati, di essere perdonati, di uno almeno che ci benedica, di una casa dove sentirci a casa, di contare sul mantello di un amico. Ho bisogno di aprire le braccia senza paura e senza misura. Ciò che desideri per te, donalo all’altro. Altrimenti saprai solo prendere, possedere, violare, distruggere. L’amore non è un optional. È necessario per vivere, e per farlo insieme. In quelle parole, penetranti come chiodi, è nascosta la possibilità perché un futuro ci sia per il mondo. Nell’ultimo giorno il Padre domanderà ad Abele: cosa hai fatto di tuo fratello Caino? Ho perdonato, gli ho dato il mantello, ho spezzato il mio pane. La vittima che si prende cura del violento e insieme forzano l’aurora del Regno. Solo un sogno? Vedrai, verranno a mangiare dalle tue mani il pane dei sogni di Dio. È già accaduto. Accadrà ancora.
(Letture: Primo libro di Samuele 26,2.7-9.12-13.22-23; Salmo 102; Prima lettera ai Corinzi 15,45-49; Luca 6,27-38)

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