Fatto erigere da Mons. Oronzo Filomarini, le cui insegne sono sugli scudi apposti sui basamenti delle due colonne più esterne e nel fastigio, l’altare è di diritto vescovile.

E’ recinto da un’articolata ed elegante balaustra marmorea a colonnine con intarsi policromi e presenta caratteristiche strutturali e motivi ornamentali molto più elaborati rispetto a quelli dei precedenti altari. Trovasi nel transetto di sinistra.

Dai basamenti laterali (quelli più interni recano incastonati due scudi coronati e con i motivi simbolici degli strumenti del martirio subito da S. Agata) s’innalzano due colonne rudentate e binate, i cui capitelli compositi continuano con due pilastrini che fungono da appoggio ad una cornicetta: su quella più esterna si innesta il grande timpano mistilineo che inquadra con eleganza tutta la struttura.

Nella parte più alta del frontone, decorato con vari motivi ornamentali, è inserita una tabella di forma ovale e compresa tra due simboliche palme. Vi si legge:

D. AGATHAE TUTELARI

ORONTIUS EPISCOPUS GALLIPOLIT.

POSUIT A.D. MDCCXXIV

Una testa di putto alato ed una serie di rosette completano il frontone sino all’elegante timpano, oltre il quale sono sistemati il grande scudo araldico del Vescovo Filomarini affiancato da due pinnacoli per parte.

Nello spazio compreso tra le colonne binate sono incastonati due dipinti per parte, contenuti entro leggere cornici sagomate: le rispettive leggende precisano che trattasi di dipinti raffiguranti, a sinistra, S. Lucia e S. Apollonia e, a destra, S. Cecilia e S. Agnese. Un grazioso putto alato completa, nella parte superiore, gli spazi in parola.

Accanto ad ognuna delle colonne esterne ed addossata alla parete, una mensola a voluta regge un caratteristico riquadro in pietra sormontato da un pinnacolo e con al centro un piccolo dipinto di S. Andrea Corsini, a destra, e di S. Gaetano Thiene sulla sinistra. L’insieme dell’altare, pertanto, presenta una struttura complessa e ricca di motivi ornamentali, resa più vistosa dalle indorature: evidentemente si è voluto onorare, in modo particolare ed esaltante, la Santa Protettrice della città.

Ma a rendere ancora più interessante l’altare contribuisce la splendida tela di G.A. Coppola, che rappresenta il Martirio di S. Agata e nella quale l’artista gallipolitano sviluppa un tema narrativo con intenso realismo inserendolo in una classica architettura ornata di statue ed in uno sfondo di cielo azzurro appena solcato da bianche nuvolette trasparenti.

Al centro, alla sommità di una scalinata, “…quasi altare del supplizio…, secondo Carlo Foscarini, ovvero come osserva D. Pasculli Ferrara “… quasi luogo di sacra rappresentazione più che di supplizio…” e la Santa Martire con le braccia strette all’indietro, con il petto solo in parte coperto da un drappo candido come il corpo, con lo sguardo rivolto al feroce Quinziano, al quale sembra rimproverare “Non ti vergogni di amputare in una donna quel che tu stesso succhiasti nella tua mamma?”, Agata subisce l’oltraggio eseguito con inaudita crudeltà dai suoi carnefici; crudeltà e bestialità che la muscolosa nudità e la calvizie di uno di essi esprimono con efficacia, mentre l’altro carnefice sembra compiacersi del suo disumano gesto di sollevare una delle mammelle già recisa e di lasciarne gocciolare il sangue sulla testa di Agata.

La movimentata scena è ricca di figure dal cavaliere a cavallo, che pare voglia farsi largo tra soldati e popolani, alla giovane che prostrata bacia la terra macchiata dal sangue della Martire, l’altra giovane seduta sul primo gradino della scalinata e che in atteggiamento estatico sembra voler rivolgere parole di conforto ad Agata, dai due muscolosi uomini, in basso a sinistra, uno dei quali tiene al guinzaglio un mastino mentre l’altro, vinto dalla fede, sta per piegare il ginocchio alle divertite figure femminili e maschili che attonite guardano verso la Santa.

Dall’alto di un azzurro intenso scende “un cascante aggrovigliato gruppo di angeli” che con palme e con serti floreali seguono il rapido volo di un’altra creatura celeste indirizzata a deporre sul capo della Vergine martirizzata la corona della santità.

Si tratta di una tela davvero fastosa che, per impaginazione, per movimento per luminosità dei colori e, soprattutto, per la figura della Santa che campeggia al centro, è senza dubbio un inno alla gloria per il martirio di Lei. E dinanzi a tanta viva rappresentazione l’animo viene pervaso da forti emozioni sino alla commozione.

G. A. Coppola, prima di dipingere questa tela – come ci informa l’illustre ricercatrice e studiosa D. Pasculli Ferrara – aveva preparato un bozzetto di m. 1,52 X m. 1,04 – rispetto al quale, però, “sono da riscontrare nella tela delle varianti, quali il maggior numero di angeli cascanti dal cielo, il cavaliere sulla sinistra che regge un’acuta lancia invece di tendere il braccio, le stame che adornano le nicchie del tempio, quasi figure vive e in movimento, differenti dalle statiche e larvate immagini del bozzetto”.

Molti critici d’arte e studiosi hanno espresso lusinghieri giudizi su questo dipinto e tra i tanti riteniamo che si sia pronunziato, in modo più convincente e puntuale, il nostro E. Vernole per il quale G. A. Coppola vi ha impresso tutto l’ampio respiro dell’anima sua, permeato dalla passione del culto e dalla consapevolezza storica… Tutta la movimentata figurazione è ricca dei più caratteristici tipi, monda di ogni anacronismo fino ai più piccoli particolari, fastosa e precisa nella architettura…”

Per completezza dobbiamo anche far notare che sull’ingresso della Cappella in plano vi è la lastra marmorea che riporta l’iscrizione:

Sepulcrum Sacerdotum