Strutturalmente l’altare è in gran parte simile a quello dedicato a S. Isidoro Agricola, il primo della navata sinistra: mensa in pietra che poggia su mensole a voluta con intarsi marmorei a fogliame, sottomensa con ricco ornato, pannelli di marmo variegato nell’alzato e nelle parti laterali.

Nella tela, che occupa l’ampio dossale e che è racchiusa in una cornice ad intagli, è espressa l’incoronazione di Maria, un dipinto dovuto al pennello di G. A. Coppola, nel quale non manca una evidente nota di architettura classica per la presenza di colonne doriche laterali, anche se non sono tirate sù completamente.

Sulla sinistra della parte inferiore della tela è raffigurato S. Nicola: in ginocchio ed in atteggiamento estatico, per nulla distolto dai tre putti festosi e dal corpo d’alabastro, ha lo sguardo rivolto verso l’alto, dove avviene l’evento meraviglioso dell’incoronazione di Maria: sulla destra c’è S. Oronzo, in piedi: nell’atteggiamento ricorda moltissimo il S. Oronzo dello stesso Coppola nel Duomo di Lecce, anche se l’artista gallipolitano in quel dipinto “…ebbe la geniale trovata dell’Angelo che sbuca da dietro la grandiosa figura del Santo.

Al centro è un paesaggio, anche se piuttosto brullo, ma che costituisce “un elemento frequente nella pittura di O. A. Coppola che convalida il suo rapporto con gli esponenti della scuola emiliana e con quelli romani carracceschi”.

La zona superiore della tela è dominata dalla figura della Vergine Maria, assisa su bianche nuvole, sfolgorante di gloria. Poco più in basso, Le fanno corona le Virtù, insieme ad Angeli e Cherubini, mentre lateralmente sono, a destra, la figura dell’Eterno Padre e, a sinistra, quella di Cristo, che procedono ad incoronare la Vergine, in alto è la rappresentazione simbolica dello Spirito, entro una splendente nuvoletta bianca, completa la raffigurazione pittorica della SS. Trinità.

La tela, tuttavia è incompiuta, perché, O. A. Coppola fu sorpreso dalla morte: ma ciò nonostante rivela, dal punto di vista della tecnica rappresentativa e coloristica, lo stile inconfondibile dell’artista gallipolitano, anche se il pittore incaricato di completare l’opera innestò le ali alle figure che rappresentano le Virtù, tra le varie aggiunte sommariamente apportate.

La Famiglia Patitari ha goduto del diritto di patronato, come testimonia il sepolcro che è davanti all’altare. Vi si legge la seguente iscrizione:

ANGELUS PATITARI GENERIS NOBILITATE CONSPICUUS HEIC SIBI SUISQUE CINERARIUM POST FATA CONSTITUIT

A. D. MDCLV III