Scolpito in pietra leccese da Ambrogio Martinelli, come recita l’iscrizione laterale in cornu evangelii, è l’unico altare dalla struttura prevalentemente barocca esistente nella Cattedrale di Gallipoli e dal quale fanno da contrasto la mensa e l’alzato che sono rivestiti di marmi policromi.

E’ inquadrato da due colonne tortili, sinistrorsa quella di destra e destrorsa quella di sinistra, che poggiano su uno zoccolo e poi su un basamento che esprime la figura a tutto rilievo di un leone quasi rampante che sembra sorreggerne il peso.

La parte inferiore di ciascuna colonna presenta un ornato. nel quale spiccano, tra l’altro; tre ricciuti putti in posizione eretta e, nella parte superiore sino al capitello, altra abbondante decorazione con putti, con serti floreali e con simbolici animali.

All’esterno delle colonne, in basso, si vede un altro basamento per parte, sul quale è espressa la figura di un crinito leone che sembra sorreggere una artificiosa composizione a sviluppo verticale e con volute arricciate, aderenti alla parete di fondo.

Superiormente all’abaco, che completa le due colonne, ha il suo appoggio un sottile cornicione ad archetti e dentellato: nella parte terminale del frontone, un semitimpano curvilineo viene interrotto da un vano: all’interno ha avuto sistemazione, per molti anni, uno degli organi della Cattedrale. Ora vi è una tela raffigurante la deposizione di Cristo.

Entro una cornicetta in pietra e ad intagli è la tela che orna l’altare e che raffigura la Immacolata Concezione, da alcuni attribuita ad un frate cappuccino di nome Facis, secondo altri eseguita da un artista del casato Genuino, come fa sapere il Verona. La Vergine è ritratta in piedi su una nuvola, circondata da numerosi putti alati e, in basso, in atto di adorazione sono inginocchiati S. Leonardo e S. Agata.

Si tratta di un dipinto, nel complesso, di buona fattura e per impaginazione e per tonalità cromatiche, anche se non raggiunge i livelli artistici delle tele del Coppola, del Catalano e del Malinconico.

L’altare inizialmente è stato di patronato della Famiglia De Magistris, come risulta dalla iscrizione marmorea: in seguito il diritto è passato alla Famiglia Muzj che ha, in plano, la tomba gentilizia che così recita:

CONDITORIUM UBI MUTIAE GENTIS CINERES IN PACE SIMUL REQUIESCERENT A MAJORIBUS SUIS COMPARATUM VINCENTIUS MARIA MUTIUS PATRICIUS GALLIPOLITANUS EXPOLIENDUM ET LAPIDE MARMOREO CONTEGENDUM CURAVIT

A.R.S.

MLCCCXXXI