Ogni anno, in tutti i venerdì di Quaresima, nel Duomo di Gallipoli, si espone alla venerazione dei fedeli, la Sacra Sindone. Questa devozione risale agli ultimi decenni del Sec. XVI.

Il Vescovo Sebastiano Quintiero Ortiz, venne nella nostra Città il 1585. Era nativo di Lascia nel Regno di Granata e volle regalare alla sua Chiesa Cattedrale questo ricordo singolare della passione di Gesù, probabilmente lavorato a Torino.

La Sindone di Gallipoli è simile all’autentica di Torino. Per questo, in essa, per le impronte miracolosamente lasciate, è possibile ricostruire nelle sue cinque fasi (flagellazione; coronazione di spine; andata al Calvario; Crocifissione e sepoltura) la Passione e la Morte di Gesù.

E’ possibile cioè fotografare tutta la figura facciale e dorsale del Corpo di Gesù, con le contusioni e ferite. Dalla Sindone ce ne possiamo anche accorgere che Gesù era fisicamente un uomo dalle proporzioni straordinariamente perfette. La Sindone di Gallipoli misura in lunghezza metri 4,10; 1,4 in larghezza; mentre l’impronta di Gesù è di metri 1,78. E’ monocroma di un colore grigio – giallastro, e riproduce le tracce dell’incendio subito nel 1532 a Chambery.

Nel confezionare questa Sindone furono tenuti presenti i diversi modelli dell’epoca: la celebre miniatura sèrica di Giulio Clovio, discepolo di Raffaello, di Alberto Durer conservata a Lierre nel Belgio.

Ma perchè fosse maggiormente pregiata la Sindone che il Vescovo Ortiz fece confezionare, volle ed ottenne che fosse posata sull’autentica di Torino, esposta nella Cappella di San Lorenzo, in occasione del pellegrinaggio di San Carlo Borromeo, da Milano nel 1578.

In questa circostanza dal torinese Giovanni Testa, per ordine di Emanuele Filiberto fu eseguita una grande incisione in taglio dolce su rame, modello per la compilazione di molti altri esemplari della Sacra Sindone. Nella nostra Cattedrale, per la circostanza sopra detta, insieme alla Sacra Sindone, viene esposta alla pietà dei fedeli un’altra insigne reliquia con un pezzo del Legno della Santa Croce, custodito in un prezioso reliquiario d’argento con lo stemma del Vescovo Alessio Zelodano (1494 – 1508).