Della facciata si è interessato, in verità, con puntuale precisione e perizia il nostro L. C. Fontana ed è in particolare al suo lavoro che ci riferiamo in gran parte, grati per essere stati autorizzati a tenere presenti le notizie e le indicazioni relative all’argomento, le quali ci hanno consentito di condurre una lettura delle caratteristiche strutturali della facciata stessa; lettura che, tuttavia, abbiamo integrato con gli elementi derivanti da una nostra ricognizione.

L’insieme della facciata che reca inciso sul frontone A.D. 1696, l’anno cioè in cui la fabbrica della Cattedrale viene ultimata, esprime in modo più che evidente due ordini stilistici con caratteristiche del tutto diverse. Queste inducono a ritenerne la progettazione da parte di due diversi architetti e l’esecuzione, ovviamente, in periodi di tempo successivi.

La parte inferiore è segnata da lesene-paraste scanalate di ordine dorico, che sono così distribuite: due poste, quasi accoppiate, sui lati più esterni, e due intervallate tanto a destra quanto a sinistra dell’ingresso centrale; tutte terminano con un abbozzo di capitello, oltre il quale si sviluppano un architrave con formelle dalla varia decorazione ed un cornicione dalla modanatura pronunziata che poggia su un dittico dentato e che inquadra tutta una zona inferiore.

Le lesene-paraste concorrono a disegnare cinque settori.

Al centro, quello del grande portale sormontato da un cornicione, sul quale si sviluppa un timpano spezzato con volute a “cartoccio”, mentre, ancora oltre, si apre una nicchia rettangolare con alloggiamento di una statua lapidea di S. Agata che, sviluppandosi oltre l’architrave, la interrompe.

Lateralmente al portale, le zone-scomparti presentano una nicchia rettangolare per parte, con un sottile cornicione inferiore che poggia su mensole a voluta e con un cornicione superiore completato da un timpano triangolare.

Nelle nicchie sono contenute, a destra di chi guarda, la statua lapidea di S. Sebastiano sulla cui base è incisa la leggenda ISTEQUE MORBO LIBERAT URBEM e, sulla sinistra, quella di S. Fausto con la breve incisione PROTEGE NOS, FAUSTE.

Negli scomparti laterali più esterni si aprono due portali più piccoli, sormontati da semitimpani, che racchiudono un fregio e, superiormente, da una finestrella rettangolare, oltre la quale sono un altro fregio e un timpano curvilineo.Un insieme, perciò, caratterizzato da un alternarsi di pieni e di vuoti, che determinano un gradevole gioco di effetti chiaroscurali in questa sezione della facciata portata a compimento nel corso della prima metà del seicento, e con la parte superiore limitata ad uno sviluppo verticale del solo corpo centrale sino all’altezza della copertura a tettoia.

Non c’era, pertanto, la grande nicchia rettangolare al di sopra del portale centrale ed inserita tra piano inferiore e piano superiore: è opinabile, quindi, che la statua in pietra di S. Agata, allogata con ogni probabilità entro la nicchia a sinistra del grande portale, solo successivamente dovette essere sistemata nella predetta nicchia centrale, cioè dopo i lavori di modifica e di completamento della zona superiore della facciata, che, per conseguenza, venne ad assumere una morfologia diversa rispetto a quella precedente che rispondeva al criterio architettonico della scansione geometrica, sostenuto ed attuato dal Grimaldi specialmente per la facciata della chiesa di S. Irene in Lecce e con ogni probabilità tenuto presente dalle maestranze gallipoline.

Bene osserva L. C. Fontana che l’esecuzione dei lavori di modifica in parola è da collocare nel periodo di tempo compreso tra gli anni 1683 –1696 e poichè proprio il 1683 coincide con la presenza in Gallipoli dell’architetto leccese Giuseppe Zimbalo, non è da escludere che detta presenza abbia potuto influire nei criteri di modifica della zona superiore della facciata della Cattedrale; una ipotesi che potrebbe essere avvalorata dal fatto che studiosi e critici d’arte come Calvesi-Manieri-Elia riconoscono in questa zona della facciata “una ricca decorazione simbolesca”.

Per il piano superiore della facciata della Cattedrale gallipolitana, insomma, architetto e maestranze locali debbono avere tenuto presenti gli schemi preferiti da G. Zimbalo, anche se in tal modo si è creata una struttura prevalentemente decorativa che, proprio per la densa trama dell’ornato, non presenta un logico legame con i motivi architettonici offerti dalla presenza delle paraste joniche.

Ce ne dà la prova una attenta lettura della seconda sezione della facciata. Al di sopra del robusto cornicione appartenente al piano inferiore della struttura, è inserita una fascia che contiene una trabeazione riccamente decorata con metope e con motivi di chiaro stile balaustrale, nella quale si possono leggere gli scopi ben precisi di stabilire una duplice funzione di cesura tra le due sezioni e di continuità nello sviluppo della sezione inferiore attraverso le accentuate caratteristiche decorative del piano superiore. Come elemento di raccordo, inoltre, vi contribuisce la grande nicchia centrale per sistemarvi la statua della protettrice S. Agata (già nella nicchia a sinistra accanto al portale centrale), anche se ciò porta necessariamente ad interrompere la continuità sia della prima che della seconda trabeazione.

In corrispondenza, poi, alle due nicchie presenti nel piano inferiore, se ne aprono altrettante inquadrate da cornici decorate ad intagli e completate da un leggero timpano; vi trovano sistemazione le statue lapidee di S. Marina, a sinistra, e di S. Teresa, a destra; e, quasi a dare una certa continuità alle paraste doriche sottostanti, si innalzano due paraste joniche per parte, le quali delimitano, all’esterno, le predette nicchie e, all’interno, una grande finestra rettangolare a nido d’ape. Superiormente a ciascuna nicchia, si sviluppa un cornicione a linea spezzata e dall’oggetto pronunciato, completato da un semitimpano nel cui vano è un basamento che funge da appoggio ad un ornamento a volute e a ghirigori, mentre pinnacoli ad intagli sono sulle estremità laterali del cornicione stesso.

La grande finestra centrale a nido d’ape, disegnata tutt’intorno da una cornicetta con decorazione floreale, è affiancata, più all’esterno, da altra ricca decorazione che si sviluppa in verticale sino a saldarsi alla sottile doppia cornicetta che delimita in alto la finestra.

Il ritmo ascensionale, che caratterizza la seconda sezione della facciata, continua, al centro, con un liscio riquadro delimitato da una semplice cornice sagomata lungo il lato superiore e la cui probabile funzione poteva essere quella di alloggiamento per una scultura a bassorilievo, peraltro mai realizzati; superiormente questa parte del fastigio è completata da un elegante cornicione pure sagomato ed ornato con pinnacoli a pigna.

Interessanti motivi ornamentali presentano, infine, le due zone laterali più estreme.

A sinistra, su un primo basamento a grosse volute intagliate frontali e laterali e terminate con un cornicione arrotondato con decorazioni incise nello stesso, se ne sviluppa un secondo più arricchito con volute e con vari intagli, sul quale poggia un cestello con scanalature verticali, sormontato da una grossa pigna.

Contigua a questo motivo è un’altra struttura che, a forma di capitello composito, costituisce la base di appoggio del busto lapideo di S. Giovanni Crisostomo.

Un singolare ed ulteriore motivo a foglie arricciate e con sviluppo curvilineo, terminante con il busto di un grazioso putto alato, che sembra sorreggere una pigna con intagli e rosette, costituisce un elemento di raccordo con la parte superiore della zona centrale.

Sulla destra, si sviluppa una struttura del tutto simile a quella ora descritta, con la sola variante del busto lapideo che raffigura S. Agostino; e, pertanto, il piano superiore della facciata, nel suo insieme, rivela un ritmo ascensionale dalla ideale forma triangolare, che peraltro è in rapporto alla diversa altezza delle navate laterali rispetto alla navata centrale.

Possiamo dire, in sintesi, che la facciata del nuovo sacro edificio rivela indubbiamente un contrasto tra le due sezioni o piani, in quanto nella parte inferiore dominano le forme lineari e quelle geometriche, che determinano un alternarsi armonioso di pieni e di vuoti con conseguenti effetti chiaroscurali di grande valenza, di sicuro influsso degli schemi compositivi dell’architettura sacra del Grimaldi; nella sezione superiore, invece, prevale la ricchezza delle forme decorative espresse dalle volute, dagli intagli floreali, dalle foglie arricciate, dalle teste di cherubini alati, dai pinnacoli a pigna, molto vicini alle forme pittorico-ornamentali zimbalesche.

Si tratta, tuttavia, di un contrasto per il quale la compresenza dei due stili contribuisce a creare una scenografia dai caratteri decisamente positivi.