PER RIFLETTERE SUL VANGELO
Gv 20,11-18
“Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino”. Il racconto di Giovanni è pensato come una descrizione di quel cammino che conduce ogni discepolo a passare dal dubbio alla fede, dalla tomba vuota all’incontro con il Risorto. Per commentare l’esperienza di Maria, vi invito a partire dal versetto precedente al brano liturgico: “I discepoli se ne tornarono di nuovo a casa”. Pietro e Giovanni sono andati al sepolcro, hanno visto la tomba vuota; un lampo di luce attraversa il cuore del discepolo più giovane ma non sembra lasciare traccia. Di fatto l’evangelista annota semplicemente che tornarono a casa. In greco abbiamo un’espressione più suggestiva che letteralmente significa “presso sé stessi”. L’evangelista si riferisce alla casa ma… se vogliamo raccogliere questa suggestione, potrei dire che tornano nella casa dell’io, in attesa degli eventi. Quello che hanno visto suscita non poche riflessioni ma… non sono ancora in grado di dare una lettura adeguata degli eventi. Restano in attesa. Come facciamo noi quando le cose non sono chiare. Chiediamo a Dio di dare più luce e viviamo tranquilli.
Maria invece resta in compagnia di una grande inquietudine. E qui comincia il suo cammino. Un vero cammino perché lei non se ne torna a casa né si chiude nei suoi pensieri, decide di persevera, vuole capire quello che è accaduto. Gli uomini vanno via, la donna resta e riceve la luce. Commenta san Gregorio Magno: “Dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’animo di questa donna che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se n’erano allontanati. Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo, perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza. Cercò dunque una prima volta ma non trovò. Perseverò nel cercare e le fu dato di trovare”. Continua il santo Papa: “I santi desideri crescono con protrarsi, se invece nell’attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri”. Oggi chiediamo la grazia di coltivare l’arte della perseveranza.